Nasce MutaMenti, la nuova rubrica di Riviera24.it curata dalla Dott.ssa Daniela Lazzarotti, medico specialista in Psicoterapia e Ipnosi clinica, Sessuologia e istruttore Mindfulness di Sanremo.

La rubrica settimanale affronterà temi quali: depressione, disturbi d’ansia, disturbi di personalità, disturbi alimentari e disturbi della sfera sessuale. Disagi attualmente tanto diffusi che a ragione possono essere definiti malesseri contemporanei e sociali.

Ma entriamo nelle “stanze” della nostra specialista e conosciamola meglio.

Chi è la Dottoressa Daniela Lazzarotti?

La Dott.ssa Daniela Lazzarotti si laurea in Medicina e Chirurgia all’Università degli studi di Genova, dove durante il corso degli studi in Medicina si appassiona al tema della Psichiatria laureandosi con una tesi sulla “Depressione cronica”. Conseguita la laurea si specializza in Psicoterapia e Ipnosi Clinica presso la S.M.I.P.I di Bologna, scuola ad indirizzo Eriksoniano. Le frequenti casistiche affrontate nel corso degli anni di professione portano la Dott.ssa Lazzarotti a frequentare a Genova la scuola di specializzazione in Sessuologia Clinica conseguendo l’abilitazione di specialista in Sessuologo Clinico. Per la Dott.ssa Lazzarotti è fondamentale il confronto con altri colleghi e seguire continui aggiornamenti, il ché le ha permesso di ampliare la sua formazione professionale, conseguendo: presso l’Università degli studi di Genova il Master di II livello universitario in Pschiatria Forense e Criminologia; al San Raffaele di Milano il Master di II Livello universitario in Psicofarmacologia; e a Pisa il Master di II Livello universitario in Sessuologia. Ha inoltre acquisito, presso l’università La sapienza di Roma, il Master di II Livello universitario di Mindfulness con il titolo di istruttore del protocollo M.B.S.R.; venendo riconosciuta come profonda esperta del settore.

In quale ambito opera la psicoterapia e l’ipnosi clinica?

La psicoterapia è una pratica terapeutica con varie scuole di pensiero. Io ho scelto quella legata a Milton H. Erikson (scuola Eriksoniana), in quanto credo che alla psicoterapia debba essere associata l’ipnosi clinica. Ciò permette infatti di lavorare sull’unicità di ogni paziente e di trattare disturbi psicopatologici della psiche di entità e natura diversi, dai lievi disadattamenti a gravi sintomatologie che possono alterare il benessere e l’ equilibrio psico fisico della persona. Depressione, disturbi d’ansia, disturbi di personalità, disturbi alimentari. L’obiettivo della psicoterapia e ipnosi clinica è portare a un miglioramento del paziente attraverso un percorso che lascia spazio alla creatività soggettiva e alla potenzialità delle risorse personali, molto spesso latenti e causa di blocchi nell’espressione delle stesse. La psicoterapia e l’ipnosi non devono essere regolate “da disciplina”, ma è necessario maturare una metodica personale. Questo perché non si tratta di un apprendimento mnemonico, bensì di una formazione legata alla creatività e all’intuizione, capace di estrapolare dal flusso totale delle interazioni le emozioni. E’ un cammino temporale legato ai life events, agli stati d’animo e alle dinamiche che di volta in volta si presentano al terapeuta, fino a che il paziente elabora i dolori e trasforma le frustrazioni in motivo di cambiamento verso il benessere e l’equilibrio psico-fisico.

E la sessuologia clinica?

La sessuologia clinica si occupa della comprensione dei meccanismi fisici e psicologici che presiedono al funzionamento dell’attività sessuale degli uomini; e dunque della risoluzione delle varie problematiche che possono presentarsi nel corso delle diverse età della vita. Rivolgersi allo specialista è importante quando ci si trova ad affrontare questo genere di difficoltà, dato che si tratta di questioni oggetto di tabù culturali e pregiudizi, che rendono il disagio ancora più complesso per chi si trova a doverlo affrontare da solo. La principale area della sessuologia clinica è quella legata alla sfera individuale della coppia, quindi alle varie tematiche della disfunzione sessuale, del vaginismo, dell’anorgasmia, del desiderio sessuale ipo attivo e dell’eiaculazione precoce. Disturbi che suscitando disagio alla vita di relazione, possono causare nel singolo individuo disequilibrio psico-fisico e disturbi relazionali.

Il paziente. Quanto è importante il rapporto medico-paziente?

Fondamentale in psicoterapia è creare empatia tra medico e paziente. La clinica deve essere “medicina della persona” rispetto alle individualità del malato. Non si può infatti curare una persona con la quale “non si riesce a stabilire un contatto”, e soprattutto bisogna sempre porre al centro il paziente curando non la malattia ma la personale. Solo così si può arrivare a soluzioni terapeutiche efficaci. E’ importante trovare sempre il modo unico e originale di interagire e capire la persona che ci sta davanti. Seguendo le sue reazioni, le sue necessità, la sua evoluzione in qualità di paziente. L’ascolto è lo scopo fondamentale, ricercato nella guarigione ed elemento contraddistintivi dello psicoterapeuta.

 


Comunicare con le nostre emozioni

Parleremo oggi di emozioni e di come attraverso un percorso di psicoterapia e ipnosi si possano elaborare e gestire, senza bloccarle ne' lasciarsi travolgere, evitando di generare depressione , malattie somatiche o attacchi di panico.

L'ipnosi e' uno stato naturale della mente, come il sonno o la veglia, in cui si puo' comunicare con le emozioni. In terapia i pazienti raccontano i vissuti emozionali degli episodi della loro vita ovvero le emozioni con cui ricordano i loro life events. I pazienti fanno sgorgare dal loro silenzio parole di dolore che custodiscono, rimanendone imprigionati nella loro fragilità emotiva, rendendoli incapaci di agire e non riuscendo piu' a vedere un futuro davanti a loro. La sofferenza li separa dall'esterno isolandoli e portandoli sempre di piu' allo smarrimento di loro stessi e della loro identità. Le emozioni sono nascoste nel corpo , un corpo “parola” che comunica con lo sguardo, la postura, la gestualità, la mimica, testimoniando una vita interiore che esprime disagio attraverso il linguaggio del corpo. Nel corpo e' iscritta tutta la storia delle nostre emozioni, dei nostri primi incontri con il mondo esterno e dello sviluppo della nostra vita da quando nasciamo. Nel corpo esiste una memoria inconscia, con sede limbica, riattivata da percezioni che provocano comportamenti reattivi legati agli stati d'animo. Le emozioni si rispecchiano nei modi di essere, di vivere, sono più difficili da comunicare che non i pensieri e talvolta i pazienti non riescono ad esprimere i loro stati d'animo, le loro sensazioni utilizzando così metafore per esprimere le loro emozioni: ”mi sento come una canna al vento, sono bloccato”, ”ho dentro un nucleo duro e ghiacciato”, ”ho una lama nel cuore”, ”mi manca la terra sotto i piedi”... Con l'ipnosi si modificano, questi vissuti, favorendo un nuovo modo di apprendere, elaborando e modificando il loro discorso interno, le loro immagini mentali, la percezione del se'; possiamo farlo attraverso il raccontare storie, favole, l'uso di comunicazione paradossale, doppio legame, sogno guidato stimolando i processi di guarigione e di crescita propri del paziente. Quando i pazienti iniziano una psicoterapia le uniche emozioni che sentono, sono quelle di tristezza, sconforto, insicurezza, rassegnazione, ansia, che si sono accumulate nel tempo attraverso le esperienze psicopatologiche delle loro esistenza. Quello che avviene in psicoterapia altro non e' che la ripresa di una crescita interiore, che si era arrestata in un certo periodo della vita. Entriamo in dialogo con il loro mondo interiore, permettendo l'accesso all'inconscio, terra del rimosso, del non accesso, del conflitto, tutto incapsulato da rigide difese. Il terapeuta può abilmente, con l'utilizzo di metafore e simboli, aggirare le difese ed incominciare a navigare a vista, in terra straniera, esplorando territori ancora vergini ma ricchi di risorse, portando il paziente a ritrovare se stesso e a risentirsi in pace, sereno e felice di vivere, riconquistando l'equilibrio psicofisico.

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


Quando il corpo diventa strumento di comunicazione in un disagio psicofisico.

Oggi parleremo del Disturbo Psicosomatico, patologia che pone in relazione il corpo con la mente, il mondo affettivo ed emozionale con il soma ovvero il disturbo, occupandosi nello specifico di capire ed evidenziare l'influenza che le emozioni esercitano sul alcuni organi del corpo. La sofferenza, l'ansia e le emozioni troppo dolorose trovano una via di sfogo nel corpo producendo sintomatologie a carico dei vari apparati.

E' la psicoanalisi che per la prima volta affronta la tematica psicosomatica, in particolare con l'isteria da conversione, dove vi e' “una trasposizione di un conflitto psichico e un tentativo di risolverlo in sintomi somatici: “motori” come ad esempio la paralisi o “sensori” come le anestesie. I sintomi hanno specificatamente un significato di spostamento attraverso il corpo, esprimono le rappresentazioni rimosse dalla coscienza, perche' intolleranti. La somatizzazione e' un processo alla base di un disturbo psicosomatico, e' un meccanismo che trasforma i processi psichici in somatici, coinvolgendo il sistema endocrino ed immunitario. Solitamente questo accade in presenza di elevato stress e disagio, le manifestazioni cliniche sono disturbi dell'apparato gastrointestinale quali : nausea, vomito, diarrea, colite, ulcera, gastrite... Disturbi dell'apparato cardiocircolatorio: quali aritmia, ipertensione tachicardia; disturbi dell'apparato urogenitale: quali dolori, irregolarita' mestruali, disfunzione erettile, enuresi, anorgasmia; disturbi dell'apparato muscolare: quali cefalea, torcicollo, mialgia... disturbi dell'apparato cutaneo:quali acne, psoriasi, dermatite, prurito, iperidrosi, orticaria e disturbi pseudo neurologici: quali sintomi da conversione come alterazione della coordinazione e dell'equilibrio, paralisi o ipostenie localizzate, afonia... e disturbi del comportamento alimentare quali anoressia, bulimia, obesità. 

E' utile evidenziare la migrativita' del sintomo somatico, per cui ad esempio puo' capitare che un disturbo cardiaco si trasformi in un problema gastrico, successivamente in una difficolta' all'apparato respiratorio e via di seguito. La terapia consiste nel recuperare i significati originari dei sintomi e nel rendere minimo il bisogno di formazione degli stessi in risposta a situazioni di vita frustranti. In un percorso di psicoterapia si trattera' di spostare l'attenzione dall'effetto osservabile alle possibili cause psicologiche, che sono estranee alla sensibilita' tipicamente centrata sul corpo di un paziente psicosomatico. Il disturbo psicosomatico va trattato come se avesse un eziologia fisica e psichica, bisogna impostare un trattamento psicoterapico fondato sulla consapevolezza del paziente rispetto a quello che e' il proprio modo di vivere, pensieri ed emozioni attraverso il corpo perche' nel corso dello sviluppo personale avviene una strutturazione dei processi conoscitivi, pur vivendo in una realta' sociale condivisibile, si costruisce attivamente il suo punto di vista “dall'interno”, unico e soggettivo. L'obiettivo terapeutico si sposta sul cercare di ottenere quel cambiamento interno ed esterno. Solo quando i vari disturbi fisici cominceranno a perdere intensita', sara' possibile discriminare le cause psichiche dagli effetti somatici, e quindi aiutare il paziente a prestare meno attenzione alla sofferenza del corpo, per far emergere quella piu' profonda dell'anima, la prima che si deve curare.

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


Il disturbo narcisistico di personalità: Narciso, lo specchio e le sue fragilità.

Oggi parleremo del disturbo “narcisistico di personalita'” che e' un disturbo di personalita' complesso, sia per le caratteristiche cliniche e sintomatologiche, sia per la difficolta' al trattamento.

Il disturbo di personalità si definisce un pattern costante di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell'individuo, e' pervasivo e inflessibile, esordisce nell'adolescenza o nella prima eta' adulta, stabile nel tempo e determina disagio. Il disturbo narcisistico di personalita' si caratterizza da grandiosita', costante bisogno di ammirazione, incapacita' di trarre piacere dalle attivita' quotidiane, mancanza di empatia, sembrano all'apparenza timido con una fragile autostima e sentimenti di vergogna. Le persone con disturbo narcisistico di personalita' hanno un'idea grandiosa di se' e tendono a porsi obiettivi molto elevati, ma al tempo stesso sono ipersensibili alle critiche, non tollerano di essere messi in discussione, desiderano una costante approvazione, considerazione ed affetto e attraverso queste modalita' tendono a sostenere una stima di se' che e' molto labile. Sul piano interpersonale, sono incapaci di sviluppare legami emotivi, poco sensibili ai bisogni altrui ed incuranti dei sentimenti di chi li circonda ma al tempo stesso si aspettano trattamenti speciali. Il paziente non ha la possibilita' di vivere relazioni vere, poiche' per lui l'altro non esiste in quanto tale, cioe' come individuo con caratteristiche proprie con cui instaurare una relazione alla pari, improntata allo scambio e alla reciprocità, ma esiste ed ha importanza solo come “specchio, con la funzione di dare al narcisista conferme del proprio valore”. Le relazioni hanno prevalentemente un fine utilitaristico, a volte di vero e proprio sfruttamento: servono per ottenere attenzioni, per sentirsi stimati ed apprezzati. Se questo bisogno di valorizzazione non viene appagato dall'altro, posso ricorrere a strategie per ferire ed umiliare il partner allo scopo di svalutarlo, affermando la propria superiorita'. Si puo' affermare che uno dei problemi che caratterizza il narcisista e' l'incapacita' di amare, da cui derivava una sofferenza e un senso di vuoto , a volte accompagnata da comportamenti autodistruttivi. Siccome gli altri non vengono vissuti dal narcisista come persone dotate di bisogni e sentimenti propri, li tratta come oggetti da usare ed abbandonare esclusivamente in base ai suoi bisogni. Spesso interrompe una relazione, poichè non accetta che l'altro gli ponga richieste che scaturiscono dalle proprie esigenze. E' interessante notare come tutto quello che il narcisista fa per cercare di preservare la propria autostima vada esattamente nella direzione contraria. Il tentativo di riparare la propria ferita narcisistica ferendo e svalutando gli altri gli preclude la possibilita' di avere una vera vita affettiva, procurandogli un senso di fallimento esistenziale, che acuisce il sentimento di inadeguatezza. La svalutazione dell'altro comporta una svalutazione di se': se pensa che l'altro abbia poco valore, anche le sue manifestazioni di ammirazione e stima diventano di scarsa importanza, in quanto provenienti da una fonte svalutata e poco attendibile. L'obiettivo terapeutico fondamentale e' correggere l'identicazione del paziente con la sua “bella immagine”, con cui si e' identificato e di cui ha l'esigenza di ricevere conferme da parte degli altri, guidandolo a prendere consapevolezza a livello emotivo del fatto che egli e' molto di piu' di questo, che questa immagine e' come un vestito stretto e scomodo che non lo rappresenta e non lo definisce nella sua interezza e unicita', ma copre e soffoca il suo vero se', le sue parti piu' autentiche , delle quali egli intuisce solo vagamente l'esistenza sotto forma di vuoto, di assenza, vengono vissute da lui con il sentimento doloroso di avere dentro se' qualcosa di spento che costituisce il vuoto. Attraverso la terapia puo' scoprire quelle parti della sua identita' che sente come disattivate, si possono riattivare nell'essere comprese, raccolte dentro di se' e integrate con le altre. L'unico modo per guarire dalla ferita narcisistica e' riconoscerla, non continuare a negarla in maniera illusoria con l'ammirazione. Solo riconoscendola puo' guarire; nel contempo nella relazione terapeutica il paziente puo' ricevere comprensione, empatia, ascolto, accoglienza di tutte le parti di se' che era stato indotto a considerare inaccettabili, indegne, da reprimere. Il terapeuta puo' assolvere quella sana , buona funzione di rispecchiamento che e' stata svolta in maniera distorta dalle prime figure affettive, restituendogli un senso della propria identita' e la possibilita' di riconciliarsi con tutte le parti de se', e di farle rivivere.

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


Mindfullness: uno strumento per prevenire le ricadute della depressione.

La finalità principale della Mindfullness è aiutare coloro che hanno sofferto di depressione ad imparare “abilità” che li aiutino a prevenire la ricaduta, riconoscendo quando l’umore sta per abbassarsi, diventando più consapevoli dei pensieri, delle emozioni e delle sensazioni fisiche momento dopo momento.

Dalle ricerche si evince che almeno il 50% dei pazienti che superano un episodio iniziale

di depressione avranno in seguito almeno un altro episodio depressivo; i pazienti con una storia di due o piu' episodi pregressi avranno una probabilita' del 70 - 80% di avere ricadute nel corso della propria vita.

La ricaduta riattiva schemi di pensiero negativi, nel quale si percepisce il Se' come inadeguato e la mente ripercorre solchi mentali profondamente scavati, sempre gli stessi, come vecchie abitudini che si riattivano e non riusciamo a controllare. La ricaduta comporta, non solo l'attivazione dei pensieri ma anche delle emozioni e sensazioni fisiche, portando cicli di feedback che generano e rigenerano uno stato mentale persistente che porta a una condizione depressiva, causando una ricaduta.

La persona depressa rimane imprigionata nelle seguenti modalità: vive con il pilota automatico rapportandosi all’esperienza attraverso il pensiero piuttosto che attraverso la percezione diretta; si sofferma nel passato e nel futuro, anziché essere totalmente immerso nel momento presente, provando a evitare, fuggire o sbarazzarsi delle esperienze spiacevoli, non affrontandole.

Si aspetta che le cose siano diverse da come realmente sono, piuttosto che permettere

loro di essere semplicemente quello che già sono, considerando i pensieri insorgenti

come veri e ineluttabili, piuttosto che come eventi mentali che possono o meno

corrispondere alla realtà effettiva, trattando se stesso in modo critico e severo piuttosto

che prendersi cura di sé con gentilezza, compassione e rispetto delle proprie mancanze e

debolezze.

La Mindfullness è uno strumento di psicoeducazione che insegna come prendersi cura di sè stessi quando la depressione minaccia di sovrastarli, fornendo le abilita' che consentono loro di riconoscere stati mentali, le modalità di funzionamento della mente e imparare a riconoscere quando il loro umore comincia a scendere, interrompendo il collegamento tra umore negativo e pensiero negativo che normalmente si attiverebbe.

Attraverso il protocollo detto MBCT (Mindfullness Based Cognitive Therapy) si sviluppa la capacità di lasciare “andare e venire” l’umore negativo, i pensieri e le sensazioni, senza necessariamente doverli contrastare.

Realizzano così di poter stare in contatto con il momento presente, senza ruminare sul passato, liberandosi degli schemi abituali e automatici che coinvolgono mente e corpo.

Scegliendo la risposta più efficace a qualunque pensiero, sensazione o situazione spiacevole si incontri, sviluppando un modo diverso di rapportarsi alle sensazioni, ai pensieri e alle emozioni. Imparando ad accettare consapevolmente e riconoscere le emozioni e i pensieri indesiderati piuttosto che percorrere routine abituali e automatiche che tendono a perpetuare le difficoltà, scoprendo cosa rende più vulnerabili alla ricaduta e all’attivazione dei circoli viziosi che determinano il ripresentarsi del disturbo, bloccando l’intensificazione dei pensieri negativi e focalizzandosi sul momento presente, piuttosto che mantenere lo sguardo sul passato o sul futuro e acquisendo un modo di pensare e di porre attenzione differente da quello usuale, senza il pilota automatico.

Il pensiero critico e giudicante lascerà il posto a una modalità diretta e non giudicante di entrare in contatto con l’esperienza personale che attraverso la pratica di consapevolezza quotidiana accresce il modo di essere piu 'consapevole e attento e ad esplorare modi diversi di relazionarsi con se stesso e il mondo.

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


Attacco di panico: paura di aver paura.

L'attacco di panico e' l'espressione di un meccanismo di allarme che non funziona bene, ma il vero danno che produce avviene tramite i comportamenti difensivi della paura e dell'evitamento che la persona colpita mette in atto. La conseguenza di tutto cio' e' la perdita della liberta' di muoversi, di essere indipendenti.

Nella societa' odierna , orientata al raggiungimento di performance sempre piu' elevate sia sul piano economico, lavorativo e sociale, l'uomo e' sottoposto a un carico di continue richieste a cui fare fronte. Tali richieste possono attivare su un piano biologico i meccanismi di risposta allo stress ponendo le basi per il notevole aumento della patologia da attacco di panico. La comparsa di tale patologia spesso avviene in seguito a situazioni contingenti che sono vissute dal soggetto come stressanti, che disturbano l'equilibrio dell'organismo, il quale risponde con una serie di adattamenti neuropsichici, emotivi, ormonali e immunologici. I sintomi che possono caratterizzare l'attacco di panico sono: palpitazioni, tachicardia, sudorazioni, tremori, sensazioni di soffocamento, sensazioni di sbandamento, svenimento, paura di morire, parestesie, brividi, vampate di calore, depersonalizzazione e derealizzazione. Gli attacchi di panico sono esperienze cosi sgradevoli che segnano la memoria emotiva delle persone che ne sono colpite, il ripetersi di questi attacchi costringe la persona e il suo cervello a difendersi, stimolando dei meccanismi quale l'ansia, come difesa anticipatoria dal panico, e la paura, come meccanismo capace di farci evitare situazioni a rischio. Il circolo del panico si fonda “sulla paura della paura”, che esaspera l'attenzione nei confronti delle sensazioni o situazioni, inducendo la persona a evitarle o ad affrontrarle accompagnata da “qualcuno”, perdendo sia la liberta' di scelta, sia l'indipendenza e creando di fatto una dipendenza psicologica e fisica. Insomma chi e' colto dal disturbo di panico fa come la volpe con l'uva nella favola ben nota, rinuncia per paura e si giustifica, autoconvincendosi, di aver rinunciato per motivi veri e non per paura, preservando la propria autonomia ma diventando sempre più inconsapevole delle conseguenze del panico. Il fenomeno centrale per chi soffre del disturbo di panico e' rappresentato dalla comparsa di ripetuti attacchi che possono colpire in maniera inaspettata, i cosiddetti “attacchi spontanei” oppure prevedibile, ovvero quando si affrontano situazioni che si temono. Se e' vero che gli attacchi generalmente durano pochi minuti e scompaiono senza lasciare traccia, in taluni casi possono durare anche piu' a lungo o lasciare strascichi nelle ore successive alla comparsa dello stesso. Gli attacchi “investono” la persona e sono difficili da prevenire, soprattutto quelli inattesi; la reazione della persona colpita sara' determinante nel condizionare l'intensita' e la durata dell'attacco. Anche se l'attacco di panico e' un falso allarme, tendera' a far scattare le contromisure fisiche e mentali dell'individuo come se esistesse davvero un pericolo. Se il corpo ricevera' il segnale di un rischio di soffocamento, ovviamente reagira' tentando di aumentare l'apporto di aria, inducendo quindi un'iperventilazione, cioe' una respirazione frequente e superciale. Essendo un falso allarme questa reazione non soltanto sara' inutile ma inneschera' altre reazioni fisiche, la cosidetta alcalosi respiratoria, capace di produrre sensazioni spiacevoli quali tremori, formicolii, sensazioni di sbandamento e tachicardia. Queste sensazioni fisiche spiacevoli aumenteranno la paura del soggetto colpito dall'attacco, che tendera' quindi a iperventilare sempre di piu', alimentando un circolo vizioso capace di potenziare l'attacco. Il disturbo da attacchi di panico dipende dall' alterazione dei sistemi neuronali che utilizzano come neurotrasmettitori: la Serotonina, la Dopamina, la Noradrenalina, questo e' il motivo per cui agendo su questi sistemi si puo' ottenere una notevole diminuzione dell'ansia e scomparsa del panico. Le strategie per riequilibrare questi sistemi avvengono attraverso il trattamento farmacologico e/o un percorso di psicoterapia, durante il quale e' importante che il soggetto impari a gestire l'attacco di panico con tecniche di respirazione e di rilassamento , ritrovando l'equilibrio psicofisico e la sua liberta' attraverso uno stile di vita “piu' lento” e meno esigente verso se stesso. La psicoterapia, come ormai confermato da studi di neuroimaging, determina modificazioni non solo del pensiero e del comportamento ma anche dei neurotrasmettitori, delle connessioni tra le cellule nervose e quindi della struttura e del funzionamento del cervello. 

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


Anoressia: “trappola del corpo”

L'anoressia e' un disturbo del comportamento alimentare che esprime un disagio attraverso la manipolazione del cibo nel tentativo di modificare il corpo. Anoressia significa etimologicamente “senza fame”, in realta' i soggetti affetti da anoressia nervosa hanno una fame enorme che hanno imparato con varie strategie a controllare.

L'eta' tipica di comparsa e' compresa tra i 12 e 16 anni e la maggior frequenza e' femminile. La nascita del disturbo alimentare e' favorito da fattori culturali e sociali che enfatizzano il valore del corpo magro, dove magro e' sinonimo di bello. Oggi viviamo in una societa' che favorisce un' insoddisfazione corporea che porta a continui tentativi di cambiare il corpo attuando diete che si ripetono per anni e in associazione ad un disagio emotivo importante, un disturbo della regolazione delle emozioni, potrebbe sfociare in un quadro clinico di anoressia nervosa. I soggetti anoressici riconoscono di essere caduti per il loro comportamento in quella che e' chiamata la “trappola del corpo”. Il nucleo centrale del disagio per un corpo che si ritiene inadeguato rispetto al modello di “magrezza “ proposto dalla nostra societa', un corpo sbagliato che e' rappresentativo del sentirsi “non all'altezza”. Le persone affette da anoressia hanno la convinzione che solo se saranno magre e conformi alle aspettative sociali avranno successo e potranno affrontare il mondo a testa alta; si vede nel bisogno di affermarsi la spinta ad avere quel corpo e quell'aspetto che tanto si ritiene piaccia agli altri. L 'anoressia si caratterizza per il grave dimagrimento, la distorsione della propria immagine corporea, la perdita delle mestruazioni. I soggetti affetti da tale patologia riducono , sino ad eliminare, tutti i cibi ritenuti ipercalorici e spesso si nutrono di frutta, verdura e poco altro, iniziando a manipolare il cibo, a non mangiare, a bruciare e calcolare le calorie elaborando un sistema sofisticato di controllo sul cibo e sul modo di alimentarsi con l'utilizzo di condotte compensatorie come intensa attivita' fisica, uso di lassativo e vomito, eliminando cosi quel cibo “ cattivo” che fa ingrassare e deturpa il corpo. L'anoressia puo' presentarsi in due sottitipi, la piu' caratteristica e' quella dell'anoressia restrittiva, nella quale i soggetti cercano di non mangiare e il suo controllo e' centrato nel ridurre le quantita' e le calorie dei cibi spesso aumentando l'attivita' fisica per consumare di piu'. Questa forma nel tempo potrebbe mutare con la presenza di abbuffate , dovute alla perdita di controllo sul cibo attuando condotte compensatorie come il vomito, definita anoressia di tipo bulimico. Nel disturbo alimentare l'autostima e il valore del se' sono influenzati dal peso corporeo e dalle sue forme. La persona anoressica presenta una struttura di personalita' tendenzialmente ossessiva che le permette di perpetuare i complicati rituali che la conducono alla perdita di peso. Il nostro corpo privato del cibo risponde con la fame mettendo in atto determinate reazioni come: irritabilita', insonnia, iperattivita', instabilita' emotiva, la sensazione di freddo. Alla denutrizione si accompagna spesso un aumento delle ossessioni che nel tempo possono strutturarsi in un grave disturbo ossessivo tale da impedire una normale qualita' di vita. Il trattamento della anoressia prevede un approccio multidisciplinare, con un terapia nutrizionale che ha l'obiettivo di recuperare un comportamento alimentare adeguato, terapia farmacologica e un percorso di psicoterapia finalizzato ad individuare e superare i motivi, le convinzioni e le paure che la costringono a mantenere la situazione attuale ritrovando un concetto di se', scoprendo capacita' e nuove risorse. La devastazione del corpo esprime ciò che le parole non possono dire, mentre il percorso di cura può dar voce alla sofferenza che il corpo manifesta.

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


Disturbo ossessivo compulsivo: ossessioni e rituali abituali.

E' caratterizzato da pensieri fissi e insistenti, ricorrenti, “ruminazioni” che bloccano l'attivita' mentale, inibendo la liberta' e la spontaneita' del pensiero, imprigionandolo. 

I pensieri sono coercitivi e si impongono con forza all'attenzione del soggetto, invadendolo, diventando totalizzanti, ostacolandone l'azione, poiche' chi ne e' vittima in quel momento ha difficoltà a concentrarsi su altro. Possono essere disturbanti al punto di compromettere il funzionamento in ambito lavorativo e sociale, privando la persona di vivere momenti piacevoli della propria vita.

Spesso sono finalizzati ad un'illusoria acquisizione di controllo sulla realta', necessita' che deriva da insicurezza, senso di inadeguatezza e paura, ottenendo un momentaneo sollievo dall'ansia originaria, ma generano a loro volta l'ansia di dover avere sempre tutto sotto controllo tramite rituali e un logorante lavoro mentale. Vengono messe in atto varie strategie per allontanare un pensiero disturbante , la persona puo' ricorrere ad un dialogo interiore con se stessa, per togliere significato e valore ai suoi pensieri ossessivi, volti a dimostrare l'insensatezza, l'inutilita' e l'infondatezza. Gli argomenti razionali , per quanto riconosciuti validi dal soggetto, non possono produrre effetti soddisfacenti nel controllo dell'ossessivita', poiche' essa nasce dalla sfera emotiva, dunque appartiene ad un piano e ad un linguaggio differenti da quelli della logica e della razionalita'. Un'altra modalita' messa in atto dal soggetto e' un rimedio pratico, un'azione che gli consenta di aggirare gli ostacoli e lo stato di ansia creati dal pensiero ossessivo, inventandosi delle tecniche per ovviare al problema in maniera concreta. E' il caso dei pensieri ossessivi legati al bisogno di controllo, in cui il soggetto, per interrompere il riprendersi del pensiero ansiogeno, deve verificare ed accertarsi innumerevoli volte di aver fatto qualcosa che teme di aver dimenticato . Solo così riesce a mettere da parte la sua paura e il pensiero collegato ad esso. I pensieri ossessivi scaturiscono dalla paura e dall'ansia, sono meccanismi difensivi messi in atto contro di essi, che producono invece l'effetto opposto di mantenerli, poiche' generano ulteriore ansia e angoscia, modificandone soltanto l'oggetto o le tematiche. Al momento in cui insorgono, appaiono, a livello inconscio, come unica soluzione possibile, unica via di fuga da uno stato emotivo sentito intollerabile. Nei pensieri e nei conseguenti rituali di controllo, il soggetto riesce a tamponare l'ansia, spesso associata ad insicurezza, pessimismo e a una mancanza di fiducia in se stesso che lo fa sentire indifeso, in balia degli eventi, delle situazioni. Spesso deve combattere contro un 'ansia generalizzata caratterizzata dalla paura continua del verificarsi di fatti negativi in maniera improvvisa ed imprevista che sente sfuggire al proprio controllo sentendosi impotente. L'ossessivita' crea l'illusione di un controllo sulla realta' compensatorio o sostitutivo di quello che la persona sente di non poter avere per propria inadeguatezza, appare come unico strumento per poter rendere la realta' affrontabile, meno imprevedibile, combattendo la sensazione di doverla subire passivamente senza fare nulla per contrastarla. Frequentemente l'ossessivo tende ad appiattire la sua vita ricercando situazioni ed esperienze ripetitive, note e prevedibili ed evitando novita' e cambiamenti, perche' pericolosi e destabilizzanti. Con la psicoterapia e' essenziale dimostrare l'inutilita' e l'illusorietà del “falso controllo” dato dai rituali e dalle ossessioni, affrontando il disagio sottostante che egli si sforza di compensare con tali manovre che portano a far perdere il controllo sulla propria vita e a scoprire e liberare il potenziale di energie e capacita' fino ad allora bloccati dalla patologia.

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


Disturbo Bipolare: riconoscerlo e affrontarlo.

Il Disturbo Bipolare, denominato “psicosi maniaco-depressiva”, e' una malattia mentale cronica e ricorrente, caratterizzata dall'alternarsi di episodi di Mania e Depressione. L'umore di una persona con Disturbo Bipolare puo' oscillare con frequenza variabile tra due estremi: euforia/irritabilita' e tristezza/disperazione, passando attraverso periodi di stabilita' emotiva.

Il Disturbo Bipolare generalmente inizia nell'adolescenza o nell'eta' giovane-adulta e si ripresenta nell'arco della vita, spesso si intensifica o peggiora negli anni. Le conseguenze della malattia e delle continue ricadute, includono perdita del lavoro, problemi matrimoniali, abuso di alcolici e di droghe, spese eccessive e suicidio.

Il Disturbo Bipolare e' caratterizzato da cicli di Mania e Depressione: i segni e i sintomi della Mania sono eccessiva euforia, aumentata energia, iperattivita', sensazione di non stancarsi mai, sovraffollarsi dei pensieri e continua voglia di parlare, estrema irritabilita' e facilita' a distrarsi, diminuisce il bisogno di sonno, aumento del desiderio sessuale, comportamento sconveniente e assoluta mancanza di consapevolezza di malattia; i segni e i sintomi della Depressionesono umore depresso o ansioso, diminuzione di interesse o piacere, mancanza di energia, facile faticabilita', diminuzione della concentrazione, sentimenti di colpa e di autosvalutazione, alterazioni del sonno e dell'appetito, idee di morte. Le persone affette da Disturbo Bipolare descrivono nel seguente modo gli stati d'animo che caratterizzano laDepressione: “in questi momenti manca la capacita' di fare qualsiasi attivita' quotidiana, sembra che la mia mente sia rallentata e vuota. Mi sento assediato da un senso di disperazione, non sono capace di provare alcun sentimento, di muovermi, di pensare, di prendermi cura di me o degli altri, mentre nella Ipomania: “all'inizio quando mi sento su di giri e' fantastico, le idee scorrono veloci, le parole e i gesti sono pronti. Le persone e le cose piu' insignificanti appaiono ricche di interesse. Tutto appare piu' sensuale, il desiderio di sedurre e di essere sedotto e' incontenibile. Si e' pervasi da un senso di onnipotenza, di benessere, di euforia, mi sento in grado di fare tutto ma ad un certo punto tutto svanisce”; la Mania:” le idee giungono troppo velocemente e tutte insieme, una confusione travolgente prende il posto della chiarezza, non ce la faccio a star dietro a questo flusso di pensieri, la memoria svanisce. Questa condizione spaventa le persone che mi sono vicine, mi sento irritato, arrabbiato, spaventato, incontrollabile. La corretta individuazione di questi stati d'animo e' essenziale per poter instaurare una terapia efficace ed evitare le conseguenze del Disturbo Bipolare, come lo sconvolgimento dei rapporti interpersonali, la perdita dell'impiego ed il suicidio. Attualmente i trattamenti farmacologici sono in grado di alleviare le sofferenze, migliorando la sintomatologia e prevenendo le ricadute. Importante affrontare un percorso di psicoterapia, che ha l'obiettivo di dotare la persona di un'adeguata coscienza di malattia, di migliorare l'aderenza farmacologica e di facilitare la detenzione precoce di nuovi episodi , accompagnando il soggetto ad un incremento di benessere fino a portarlo a migliorare la qualita' di vita.

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


DSPT : Disturbo da stress post traumatico

Il disturbo da stress post traumatico e' un disturbo d'ansia che si caratterizza per la presenza di un evidente agente eziologico, infatti insorge dopo l'esposizione ad un evento traumatico. 

La definizione di un evento traumatico si basa , oltre che sulla natura dello stesso, sulle modalita' individuali di interpretazione di queste, quindi sulla modalita' di risposta messe in atto dal soggetto: non tutte le persone esposte ad un trauma vanno incontro ad un DSPT e lo stesso evento puo' non essere traumatico per tutte le persone coinvolte. A tale riguardo sono di notevole importanza oltre alla genetica e alla biologia dell'individuo, le sue caratteristiche di personalita', il contesto socio culturale in cui si e' verificato l'evento, il grado di istruzione, la classe sociale, l'insieme di valori e di credenze proprie dell'individuo, il supporto sociale. Il disturbo post traumatico da stress insorge in seguito all'esposizione ad un evento traumatico nel quale la persona ha vissuto o ha assistito ad un trauma che ha comportato la morte o una minaccia per la vita o una minaccia all'integrita' fisica propria o altrui, la risposta della persona si può riassumere in intensa paura, angoscia e sentimenti di impotenza. L'evento traumatico si manifesta persistentemente attraverso ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell'evento, incubi notturni dell'accaduto, senso di rivivere l'esperienza con episodi dissociativi di flashback. La persona manifesta disagio psicologico all'esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che assomigliano ad un aspetto dell'evento traumatico inducendo una risposta reattiva come irritabilita', ipervigilanza, disturbi del sonno ed esagerate risposte di allarme mettendo in atto una condotta di evitamento per qualsiasi occasione-stimoli che ricordino il trauma avvenuto provocandone una ridotta sensibilita' nei confronti dell'ambiente, la “paralisi” emotiva affettiva e scarso interesse per il futuro. L'esposizione ad un evento traumatico comporta un sovraccarico acuto delle capacita' mentali di rielaborazione cognitivo-emozionale dell'evento stesso, ma e' proprio in questo punto che avviene il passaggio da una fase di massima “attivazione-disperazione” a quella di “codifica-consolidamento” mnemonico dell'esperienza; oltre un determinato “carico” entrano in azione meccanismi dissociativi, la cui funzione e' protettiva; l'insieme di tracce mnemoniche relative all'evento scioccante conserva un impatto persistente, continuando a generare ansia e iperallerta mentre i sintomi di riesperienza e gli incubi notturni rappresentano continui tentativi di risoluzione, ponendo, di nuovo, il soggetto di fronte all'evento mentre i sintomi di evitamento hanno il significato di proteggere l'individuo da situazioni e stimoli reattivi che gli danno angoscia e dolore non tollerabili. Il trattamento e' basato sulla terapia farmacologica con antidepressivi, ipnotici, benzodiazepine che permettono un miglioramento nel ritorno alla vita e alla relazioni interpersonali, facilitando il percorso psicoterapico. L'obiettivo della psicoterapia è quello di insegnare al paziente ad identificare e controllare i pensieri e gli assunti negativi, individuando gli errori contenuti nelle convinzioni, elaborando alternative di pensiero e di comportamento piu' funzionali.

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


La regressione ipnotica in psicoterapia

Attraverso l'ipnosi regressiva e' possibile guidare una persona sino a ritrovare ricordi del passato, rivivendolo come se fosse reale, assumendo il modo di pensare, di comportarsi e di esprimersi. Questo processo e' chiamato “rivivificazione”.

E' l'inconscio del paziente che lo guida a ricordare un particolare episodio della vita, a seconda delle emozioni e dello stato d'animo che sta vivendo, che possono essere collegati con quel ricordo, o in base a cio' che in quel momento della terapia e della sua vita puo' essere importante ritrovare: affidandosi al proprio inconscio, il soggetto ricorda cio' che ha bisogno di ricordare. Il medico psicoterapeuta lo accompagna in questo processo, ma generalmente non e' lui che sceglie a quali fatti e a quale periodo risalire, pur avendo sempre chiaro in mente l'obiettivo del percorso psicoterapico che sta svolgendo con quel paziente ed orientandola sulla base di esso. Per indurre una regressione ipnotica si possono utilizzare metafore come ad esempio far immaginare al paziente di partire per un viaggio in treno e di guardare fuori dal finestrino, vedendo scorrere le immagini della propria vita come scorrono le immagini di un paesaggio, cosi si puo' andare indietro nel tempo, lasciando emergere ricordi, un avvenimento. A quel punto il treno si ferma e si invita il paziente a scendere, a parlare e agire nel tempo che sta vivendo. E' possibile far regredire un paziente ad una determinata data, eta', ad uno specifico avvenimento o ad una specifica emozione. In psicoterapia possiamo utilizzare la regressione ipnotica per elaborare ferite o traumi passati dando loro una connotazione emotiva diversa. Per compiere questa rielaborazione si puo' invitare il soggetto a consolidare il suo “bambino interiore”, si puo' rivedere la sua interpretazione di un episodio, si puo' fare una ristrutturazione dei significati dati a quell'esperienza, che puo' diventare, una volta superata ed elaborata, una fonte di forza e di ricchezza, o essere un'occasione di apprendimento, potendo ricavare qualcosa di utile. Un trauma dev'essere elaborato, altrimenti crea un blocco, e' una situazione irrisolta che genera malessere, anche se il sintomo e la sofferenza che la persona manifesta puo' non essere coscientemente riconducibile a quel trauma, a volte puo' apparire scollegata da esso per l'azione di vari meccanismi di difesa. Attraverso l'ipnosi regressiva si possono anche correggere le esperienze emotive negative colmando carenze nelle cure, facendo immaginare al paziente di prendersi cura del “bambino” occupandosi di lui, dei suoi bisogni, dandogli ora quello che gli sarebbe servito un tempo per crescere in modo sereno. Attraverso la regressione si possono eliminare i blocchi e i limiti appresi riattivando ricordi di quando il soggetto era ancora libero da idee e condizionamenti che generano ansia, insicurezza, frustrazione, paura facendolo regredire ad un 'epoca in cui queste emozioni non era ancora state registrate. Si puo' far immaginare la mente come uno schermo bianco o una lavagna pulita, su cui incominciare a scrivere concetti e messaggi positivi. Con l'induzione di ipnosi regressiva si possono ritrovare avvenimenti positivi piacevoli, momenti in cui si e' vissuto un benessere profondo, che puo' essere “ancorato” e utilizzato come risorsa del paziente, come forza a cui attingere per esempio nel caso in cui il soggetto ha paura di non riuscire a fare qualcosa facendoli regredire in ipnosi a una situazione in cui quella cosa e' stata fatta spontaneamente, rivivendola, si invita il paziente a recuperare quella spontaneita' e leggerezza nel fare le cose che le rende molto piu' semplici. Durante il percorso psicoterapico , con l'ipnosi regressiva si rafforza l'identita' e il senso del se' mettendo in contatto il paziente con il proprio bambino interiore permettendo di riportare alla luce e riattivare il nucleo piu' profondo e autentico della sua identita', il nucleo originario del se', coperto da stratificazioni successive che hanno formato la “personalita” di un individuo. Per ritrovare questa parte profonda, si puo' accedere ai ricordi d'infanzia legati a spontaneita', autenticita', liberta'e forza, riacquisendo consapevolezza della sua identita', di cio' che e' e di cio' che vuole veramente, dei suoi bisogni piu' profondi. Rivolgendosi solo all'adulto quello che viene detto puo' essere recepito, compreso e riconosciuto come giusto ma il suo “bambino interiore” ferito continuera' a provare sofferenza. Solo curandolo potrà smettere di piangere e la ferita potrà davvero guarire.

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


La paranoia: che cosa e', come affrontarla.

“Paranoia” e' un termine utilizzato per indicare una profonda, non giustificabile, sospettabilita' o mancanza di fiducia nei confronti degli altri. Questa parola e' spesso utilizzata, nel linguaggio comune, in maniera inadeguata. Avere dei sospetti non significa essere paranoici se questi sospetti hanno un fondamento in esperienze del passato proprie o di altri.

Chi e' affetto da una forma lieve di paranoia puo' conservare un buon livello di integrazione sociale, ma in alcuni casi il disturbo e' tanto grave da rendere la persona incapace di condurre una vita normale. Poiche' molti disturbi psichiatrici sono accompagnati da tratti paranoici la diagnosi puo' talvolta risultare difficile. La Paranoia viene classificata in tre categorie principali : Disturbo Paranoide di Personalita', Disturbo delirante, Schizofrenia Paranoide. Le persone che sono spesso sospettose senza motivo apparente, e questi sospetti portano ad un alterazione del funzionamento lavorativo e famigliare, possono essere affetti da un Disturbo Paranoide di Personalita'. Questi soggetti sono sospettosi, ipersensibili, freddi e distaccati. Un segno inequivocabile di paranoia e' la sfiducia continua. Chi soffre di un Disturbo Paranoide di Personalita' e' costantemente in allerta perche' percepisce il mondo come minaccioso e tende a confermare la sua impressione enfatizzando tutti i dati che potrebbero avvalorare la sua ipotesi, ignorando invece ogni evidenza del contrario. Sono sempre guardinghi ed osservano tutti alla ricerca del pericolo. Chiunque, in una situazione nuova, come ad esempio una nuova relazione, e' accorto e cauto fin quando non si rende conto che i timori sono privi di fondamento. Chi soffre di paranoia non riesce ad abbandonare questi timori e continua ad aspettarsi brutti scherzi dagli altri e a dubitare della loro lealta'. All'interno del matrimonio questa sospettosita' puo' assumere la forma di una ingiustificata, irrealistica gelosia. Poiche' le persone con Disturbo Paranoide di Personalita' sono sempre all'erta, sono inclini a leggere tra le righe e possono offendersi senza alcun motivo; da cio' risultano sempre sulle difensiva, tendendo ad avere un atteggiamento costantemente antagonista; se commettono un errore non sopportano il minimo rimprovero ne' la minima critica. Al contrario essi sono molto critici nei confronti degli altri. Oltre ad essere polemiche ed intransigenti, le persone con Disturbo Paranoide di Personalita' spesso sono emotivamente distanti: sembrano fredde e spesso tendono ad evitare i contatti personali. Molte volte si puo' osservare un inserimento sociale adeguato ma in un ambiente in cui vige uno stile di vita rigido e moralistico. Si distingue tra il Disturbo Paranoide di Personalita' e il Disturbo delirante in quanto quest'ultimo e' caratterizzato dalla presenza di deliri, i quali sono convinzioni ferme, irriducibili e prive di basi reali, non condivise da altre persone appartenenti alla stessa cultura. La piu' frequente forma di delirio e' quello di persecuzione: mentre chi e' affetto da un Disturbo Paranoide di Personalita' puo' “sospettare” che i colleghi si prendano gioco di lui alle sue spalle, coloro che hanno un Disturbo Delirante “sono convinti “ che gli altri tramino alle loro spalle perseguitandoli; credono che qualcuno li stia avvelenando o li spii, oppure pensano di essere obiettivo di cospirazioni tendenti a rovinare la loro reputazione. Le persone con Disturbo delirante sono spesso irascibili e vengono percepite come minacciose e a causa del loro delirio tendono ad isolarsi. Il pensiero ed il comportamento paranoici sono il segno della forma di Schizofrenia chiamata Paranoide . Gli individui affetti da Schizofrenia Paranoide presentano deliri o allucinazioni riguardanti un unico tema. A volte sentono delle voci che gli altri non possono udire o credono che i loro pensieri siano controllati o trasmessi. Inoltre , i soggetti sono spesso intellettualmente confusi e disorganizzati con la compromissione del funzionamento lavorativo . Il trattamento farmacologico con farmaci antipsicotici puo' aiutare il paziente ad alleviare i sintomi consentendo una significativo miglioramento della qualita' della vita .Un percorso di psicoterapia puo' aiutare il paziente nel suo inserimento sociale rendendo possibile un discreto adattamento alla vita familiare e lavorativa.

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


Dipendenza affettiva: l'amore malato.

La dipendenza affettiva e' uno stile di relazione caratterizzato da un drammatico e ossessivo desiderio amoroso. Piu' l'amato si sottrae, piu' la passione si esaspera: l'innamorato non riesce a prendere atto del reale stato della situazione, dei reali sentimenti della persona desiderata e vive oscillando di continuo fra l'illusione e il desiderio, fra la passione e la disperazione.

Nella dipendenza affettiva si tende a giustificare tutti i comportamenti dell'amato, il cattivo carattere, i malumori, l'indifferenza , addossandosi la colpa che diventa “nostra” perche' si ha sfiducia nel proprio valore, nelle proprie capacita', si e' dominati dalla paura , paura di restare soli, paura di essere abbandonati. I sintomi della dipendenza affettiva che caratterizzano queste relazioni sono: assenza di interesse per se' e per la propria vita, terrore dell'abbandono, di perdere la persona amata, devozione estrema, gelosia morbosa, isolamento e sensi di colpa, rabbia. Si crea la paura di non essere amati che portera' ad accettare qualsiasi cosa dall'amato, cosi facendo si dipendera' dal giudizio dello stesso , dalla sua affettivita', dai suoi umori. Da qui nasce la sofferenza e la degradazione. E' l'inizio di una progressione del male: piu' si cerchera' di essere rassicurati e piu' lui tendera' a fuggire e l'innamorato per evitare la fuga si sottomettera' per compiacerlo. Per sottomettersi deve bloccare l'autopercezione empatica, l'attenzione a sè stesso poiche' e' troppo angosciato dall'idea di un rifiuto, non puo' ascoltare i propri veri sentimenti arrivando a creare un circolo vizioso che si autoalimenta con la perdita di autostima, allerta continua, terrore dell'abbandono, che si manifesta con un senso di ansia e di aumento di controllo nella relazione. E' una vera ossessione dietro la quale si cela la paura di restare soli, di essere abbandonati, offrendo il nostro amore con la speranza che l'amato ci protegga dalle paure che diventano ossessioni e si approfondiscono, diventando una costante di tutta la nostra vita. Nella dipendenza affettiva l'innamorato tende a voler cambiare la persona amata, perche' diventi simile a cio' che vorrebbe che fosse, lo sorvegliera', lo seguira', lo assecondera' nel suo egoismo, tentando di tenerlo prigioniero dentro il cerchio magico dei suoi occhi. Amare con paura significa attaccarsi morbosamente a qualcuno che riteniamo indispensabile, amare con paura comporta, oltre tutto, una serie di meccanismi di controllo per tenere l'altro nell'area di possesso. In realta' nessuno puo' controllare nessuno, il possesso e' un illusione. Le radici di questo disturbo sono infantili basate sull'apprendimento di un rifiuto precoce legato alla propria inadeguatezza. Il dipendente affettivo ama l'altro idealizzato, lo stesso amore che ha provato nell'infanzia per un genitore irraggiungibile che lo ha abbandonato e dal quale si è sentito tradito. La dipendenza si nutre del rifiuto, della svalutazione, dell'umiliazione, del dolore cercando di dare corpo al desiderio di essere in grado di cambiare l'altro, di convincerlo del suo valore, riuscendo a farsi amare da chi ama solo se stesso. Il trattamento si basa su un percorso di psicoterapia con l'obiettivo di accettazione che e' antitesi della negazione del controllo. E' la disponibilita' a riconoscere la realta' per quello che e', a permetterci di esistere come si e', senza sentire il bisogno di cambiare , sviluppando la capacita' di far crescere una pace interiore, anche di fronte a situazioni difficili. Non si puo' sviluppare una relazione senza aver prima sviluppato una relazione con se stessi, nessuno puo' amarci abbastanza da renderci felici se non amiamo noi stessi, perche' quando nel nostro vuoto andiamo cercando l'amore, possiamo trovare solo altro vuoto. 

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


Disturbo di personalita' nella sfera delle emozioni e relazioni: borderline

Il disturbo bordeline di personalita' e' caratterizzato da una modalita' pervasiva di instabilita' delle relazioni interpersonali, dell'autostima e dell'umore e una marcata impulsivita' che iniziano nella prima eta' adulta e sono presenti in una varieta' di contesti.

I soggetti con Disturbo Bordeline di Personalita' provano sentimenti intollerabili di vuoto, di noia e di solitudine, fino alla mancanza di un senso coerente di identita'. Non sono in grado di utilizzare le proprie risorse interiori, le proprie qualita' per provare piacere e sicurezza. Sono alla continua ricerca di contatti interpersonali che gli diano cio' che a loro manca: la tranquillita' e il piacere. Nei rapporti interpersonali si gettano pieni di fiducia e di esagerate aspettative, l'altro viene ora idealizzato, svalutato fino alla rottura della relazione. Le relazioni interpersonali sono sempre ipercoinvolgenti sul piano emotivo: intense, conflittuali, instabili. Possono divenire dipendenti dalle persone cui sono legati oppure provare rabbia se subiscono una frustazione, per la paura di essere abbandonati e di tornare in solitudine. Molto spesso questa rabbia e' autodiretta, con tagli o bruciature in varie parti del corpo, o con minacce e tentativi di suicidio con l'evidente obiettivo di manipolare la relazione e di riconquistarne, con il ricatto morale, il controllo. Per sentire meno il senso di solitudine, anche solo per brevi periodi, accettano l'amicizia di estranei o hanno comportamenti promiscui. La loro cronica disforia ed insoddisfazione li porta ad avere un umore instabile che oscilla tra ansia, irritabilita', rabbia e tristezza, con crisi emotive che durano da qualche ora, a qualche giorno. Possono essere afflitti da sentimenti cronici di vuoto. La rabbia e spesso suscitata dal percepire il partner disattento, rifiutante, poco dedito o abbandonante. Le espressioni di rabbia sono seguite da vergogna e colpa, e contribuiscono alla loro sensazione di essere inadeguati. L'impulsivita' e' un aspetto costante e riguarda sia le reazioni al dolore quanto la ricerca di fonti di piacere da possedere che non sono pero' mai durevoli. Esprimendosi attraverso l'abuso di alcol, di sostanze stupefacenti, di abbuffate, ecc.. Questi individui hanno intensi timori di abbandono e rabbia inappropriata anche quando si trovano ad affrontare separazioni reali, o quando intervengono cambiamenti di progetti. Questa percezione di separazione o di rifiuto possono portarli ad alterazioni profonde dell'immagine di se', dell'umore, della cognitivita' e del comportamento. Provano disperazione improvvisa, panico, rabbia quando qualcuno di importante per loro e' in ritardo o deve disdire un appuntamento, queste paure inducono sforzi disperati per evitare l'abbandono temuto come compiere azioni impulsive, quali comportamenti automutilanti o suicidari. Tutto questo puo' accadere durante esperienze dissociative, e spesso porta sollievo, riaffermando la capacita' di sentire. Il trattamento di prima scelta e' la psicoterapia , talvolta necessario il trattamento farmacologico utilizzato per controllare la rabbia, l'ostilita' e gli stati depressivi frequenti in queste personalita'.

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


Fobie: paura eccessiva ed irragionevole.

Le fobie sono paure eccessive, invasive, non controllabili e non modificabili dal ragionamento, che inducono reazioni psicofisiche intense in presenza dell'oggetto fobico.

Quando diciamo che la reazione fobica e' una paura eccessiva e irragionevole cosa intendiamo? La reazione fobica e' una paura eccessiva perche' ci colpisce in maniera sproporzionata rispetto alla pericolosita' della situazione che ci troviamo ad affrontare.

Paura eccessiva vuol dire ansia anticipatoria e la decisione di evitare molte situazioni per non soffrire il disagio dell'ansia. La reazione fobica invade la mente e il corpo della persona che ne e' colpita e il ragionamento non riesce a dominarla, questo perche' la reazione fobica e la fobia intesa come disturbo, non nascono da un difetto del ragionamento ma trovano le loro radici nelle emozioni della persona. Gli individui che soffrono di fobie hanno una reazione emotiva forte ogni volta che incontrano l'oggetto della loro paura eccessiva. La reazione e' un'esplosione di sensazioni fisiche e di angoscia che fa star male la persona che ne e' colpita e la induce a difendersi, evitando lo stimolo di cui ha paura e tutte le situazioni che glielo ricordano. Evitare aiuta a non soffrire. Possiamo fare alcuni esempi di fobie, ad esempio quelle di “tipo animale”, come insetti , ragni e serpenti. L'animale temuto induce una forte attivazione del sistema vegetativo simpatico con batticuore, sudorazione, pallore seguiti da un comportamento di fuga e in alcuni casi alla paura si alterna il disgusto, quando si e' costretti ad affrontare l'animale temuto. Esistono poi fobie di tipo “ambiente naturale”, la paura viene provocata da elementi dell'ambiente naturale, quali temporali, altezza, acqua. E' associata alla sensazione di essere completamente in balia di condizioni ambientali avverse e si manifesta spesso con sbandamenti e capogiri. La fobia tipo “sangue-iniezioni-ferite” è la paura provocata dalla vista del sangue, di una ferita, dal ricevere un 'iniezione . I sintomi di questo tipo di fobia sono diversi da tutti gli altri perche' si attiva la cosidetta reazione vago - vagale : la persona che ne e' colpita ha un calo della pressione sanguigna, rallentamento dei battiti del cuore, sudorazione, vertigini, nausea e, qualora non potesse allontanarsi dalla situazione rapidamente, puo' addirittura svenire. Fobia tipo “situazionale”, in questo caso la paura si manifesta in seguito a situazioni quali trasporti pubblici, tunnel, ponti, ascensori, aerei. I sintomi che si manifestano sono simili a quelli presenti nel tipo animale con forte attivazione del sistema nervoso vegetativo simpatico, tachicardia, difficoltà di respiro, tensione muscolare, dolori allo stomaco e all'intestino, tremori. La caratteristica di questa fobia e' che la presenza di una persona di fiducia aumentando la sensazione di avere il controllo sulla situazione e la possibilita' di allontanarsi, può ridurre in maniera importante l'intensita' della paura. Spesso queste paure sono conseguenza di attacchi di panico improvvisi ed inattesi. Quando ci troviamo prigionieri di una fobia e' consigliabile intraprendere un percorso di psicoterapia con l'obiettivo di imparare a gestire la situazione temuta con ipnosi , tecniche di rilassamento che servono per ridurre le sensazioni di paura e di ansia, agendo sul corpo si modificano così le sensazioni mentali.

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti


Matrimonio bianco: un disagio nella coppia 

Per matrimonio bianco intendiamo una situazione in cui le coppie, nella loro vita relazionale, non “consumano” e non hanno rapporti completi.

Sono unioni particolari dove entrambi i componenti hanno grandi difficoltà ad intraprendere un percorso sessuale legato all’attività di tipo coitale. In molti casi il problema emerge quando la coppia desidera un figlio e ci si rende conto che senza sessualità è difficile realizzare questo sogno, prendendo coscienza che “qualcosa non va”, percependo una maggiore difficoltà nel riconoscersi una coppia a tutti gli effetti.

Può sembrare strano al giorno d’oggi, ma il numero stimato di situazioni matrimoniali o di coppia nelle quali non c’è la penetrazione è alto e si stima raggiunga migliaia di casi in Italia, molti dei quali restano nascosti per pudore.

Riuscire a sentirsi coppia senza il naturale compimento dell’atto sessuale è una situazione difficile che fa sorgere una condizione di frustrazione legata al senso di “fallimento” del proprio status sociale per non essere in grado, nel privato, di realizzare l’unione in senso compiuto, cosa che parrebbe normale e scontata.

In tutto questo subentra il silenzio. Silenzio che porta i due coniugi ad un patto “di mutuo soccorso” che mantiene celato il problema e crea da una parte un legame di aiuto reciproco e dall’altra isola e allontana sempre di più la coppia. Le coppie tendono ad isolare questo tipo di problematica non parlandone con nessuno per vergogna ed imbarazzo, creando un circolo vizioso che mantiene nel tempo il disagio nell’intimita’, progressivamente evitata perche’ insoddisfacente e non completa. Il piacere sessuale in questa coppia non e’ mai stato veramente ricercato, al massimo concepito solo nella riduttivita’ dei comportamenti preliminari. Infatti il “matrimonio bianco” è motivo di una forte frustrazione essendo consapevoli che vi è una forte mancanza nella propria vita.

Le cause principali nella donna possono essere legate al vaginismo, ovvero l’impossibilità della donna di accettare che qualcosa entri nella sua vagina a causa di una contrattura involontaria e spasmodica dei muscoli perineali che impedirebbe la penetrazione; la fobia del sesso, legata all’incapacità di lasciarsi andare pensando al sesso come ad un atto immorale, sporco, di scarsa fiducia verso gli uomini; ansia e traumi di natura sessuale o un educazione di natura sessuofobica.

Nell’uomo le cause principali, rilevanti per casistica, sono la disfunzione erettile e l’eiaculazione precoce che impediscono la penetrazione. Le difficoltà di erezione possono, in alcuni casi, celare un vissuto omossesuale non accettato. In tutto questo la sessualità “moderna” più consapevole ma anche più preoccupata di “dover fare e fare bene ad ogni costo” non aiuta il superamento di quei timori, insicurezze, angosce piuttosto frequenti nei maschi di oggi. Vi sono inoltre la cause miste dove dopo lo scioglimento del matrimonio bianco i due membri della coppia riescono ad avere rapporti soddisfacenti con altri partner, questo significa che entrambi avevano un comportamento “collaborativo” nel mantenere il sintomo.

Come si può uscire da un matrimonio bianco? Attraverso un percorso di psicoterapia di coppia che diventa sostegno e un’opportunita’ volta a riscoprire il significato di una nuova affettivita’ e sessualita’, libera da pregiudizi, con un atteggiamento di chi puo’ progressivamente fidarsi e affidarsi, quindi anche all’incontro con il corpo dell’altro. Imparare ad esplorare il proprio corpo per conoscersi meglio e l’autoerotismo possono essere strumenti validi per liberarsi dai tabù, e accrescere il vissuto personale ricco di novità e interesse psicocorporeo volto ad eliminare errori cognitivi, facilitando così la comunicazione affettiva ed emozionale e infondere fiducia in sé stessi.

 

Dott.ssa Daniela Lazzarotti